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Tenere insieme i pezzi

Sappiamo che il cervello è diviso in due emisferi.

L’emisfero destro è più ‘emotivo’, sa quello che ci succede ma non ha le parole per dirlo. Quello sinistro invece sa perché succedono le cose, è più logico, ma meno accurato.

Questo significa che per poter funzionare al meglio ci occorre che i due si parlino, ecco perché esiste un ponte, che permette questo passaggio di informazioni.

Questo ponte si sviluppa completamente all’età di 12 anni e nei bambini che hanno subito dei traumi si sviluppa meno.

Anche l’emisfero sinistro ci mette un po’ a completare il suo sviluppo, è quello destro infatti il primo a nascere. Da molto piccoli quindi abbiamo ‘registrato’ le esperienze, di come gli altri si sono presi cura di noi, senza poter dare parole a queste esperienze. 

Diventano memorie sotto pelle.

La nostra mente, già come detto ‘separata’, viene sin dalla nascita ‘tenuta insieme’ dalle figure che si occupano di noi. Winnicott lo chiamava Holding materno, l’abbraccio della madre che permette l’interezza del suo piccolo.

Se ci sentiamo accuditi e al sicuro, nei cuori e nelle menti delle persone che ci amano, ci sentiremo interi, integri e percepiremo da adulti il nostro senso di continuità, nel tempo e nello spazio, anche quando tutto cambia intorno a noi.

Percepire un senso di continuità, in noi e nelle persone intorno a noi.

Per capirci, so che mia mamma continua a volermi bene, anche se si è arrabbiata con me.

Ma questo non è così scontato. Se non abbiamo ricevuto cure e attenzioni da piccoli, o peggio, abbiamo subito violenze o non siamo stati protetti, dalle persone che dovevano occuparsi di noi, ecco che il senso di integrazione, continuità e sicurezza, viene a mancare.

La sensazione di potersi sentire al sicuro, anche in mezzo ad altre persone, definisce i contorni della salute mentale.

Come rimettere insieme i pezzi?

Questo è il nodo cruciale in terapia. La possibilità, in un luogo protetto, sicuro, di ri-sperimentare quella sensazione di essere tenuti insieme, che ci è mancata alla nascita.

La possibilità per il terapeuta di “essere ininterrottamente quello spazio umano in cui il paziente diventa integro”, (T.H.Ogden).

Un luogo (la stanza della terapia) in cui è possibile favorire la reciprocità, ascoltare ed essere ascoltati. Guardare ed essere visti.

 
 
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