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Il trauma, in bambini e adulti, si può risolvere con l’EMDR, attraverso il movimento degli occhi.
Questo movimento viene guidato dalle dita del terapeuta, che muove la mano a destra e a sinistra. Con i bambini, si può usare anche il movimento alternato su gambe, braccia o mani.
Questa stimolazione alternata permette la connessione dei due emisferi, mentre la mente si concentra sull’immagine legata al trauma.
Immaginiamo di avere 5 anni. Se ad un tratto qualcosa mi spaventa all’improvviso, corro dalla persona che si occupa di me (mamma o papà).
Si attiva cioè il sistema di attaccamento (clicca qui per leggere articolo sull’attaccamento).
La mamma per esempio, mi chiederà cosa mi ha fatto spaventare e cercherà di rassicurarmi. Mi abbraccerà, facendomi sentire al sicuro. In breve tempo ritroverò la calma e potrò tornare a giocare sereno.
Se invece mi trovo di fronte ad un evento che mi spaventa, ma sento di non poter ricevere aiuto o protezione, perché magari mamma o papà sono più spaventati di me (es: incidente) o perché è proprio da loro che mi devo difendere (es: episodi di violenza), ecco che la paura mi travolge.
Questo vissuto, con le emozioni che lo accompagnano, lo porterò per sempre con me.
Improvvisa aggressività, irritabilità, disturbi del sonno, difficoltà scolastiche, enuresi (pipì a letto), evitamento di luoghi o persone che ricordano l’evento, isolamento, possono essere dei segnali che qualcosa non va.
Trattandosi di un bambino, per prima cosa il terapeuta farà uno o più colloqui con i genitori (o con chi si occupa di lui) per raccogliere la sua storia.
Può essere che i genitori siano a conoscenza dell’evento traumatico (ad esempio un lutto), oppure che non si sappiano spiegare il perché di certi comportamenti e che nutrano solo dei sospetti (es problemi a scuola con i compagni che lo prendono in giro).
Una volta raccolta la sua storia, seguirà un colloquio con il bambino, in presenza dei genitori. Questo è importante perchè da sicurezza al bambino e permette di vedere la relazione genitore bambino, utile per la terapia.
Quando e se il bambino è tranquillo, seguirà un momento in cui potrà stare da solo con il terapeuta.
Con i bambini si usa il gioco.
Il gioco permette di creare un legame di fiducia con il terapeuta. Se, ad esempio, il bambino avesse paura a lasciar andare i genitori in un’altra stanza, si può fare il gioco del gomitolo. Un’estremità la tiene in mano il bambino, mentre l’altra il genitore, in questo modo il bambino può provare ad allontanarsi dal genitore, sentendo comunque la connessione attraverso il filo.
“Come ti senti sapendo che puoi allontanarti, stando comunque collegato?”.
A questo punto il terapeuta stimolerà il bambino a parlare un pò di sè.
Ogni episodio raccontato, bello o brutto, fornirà l’occasione per chiedere “Questo evento cosa ti ha insegnato di te? Cosa provava quel bambino nel passato e cosa provi tu adesso che ci pensi?”.
Il terapeuta, in vari momenti dell’incontro farà dei piccoli movimenti con le mani (tapping), toccando, in maniera alternata, le gambe o le mani del bambino. Questo movimento alternato, come abbiamo detto, permette ai due emisferi di parlarsi, lasciando fluire l’informazione.
Il trauma infatti fa sì che l’evento si ‘congeli’ nella nostra mente, con le emozioni del passato. Questi movimenti delle mani permettono al cervello di ‘scongelare’ quell’informazione, per rielaborarla in modo che non produca più sofferenza.
La mente ha infinite risorse, molte delle quali ancora da scoprire, ma sappiamo che tende verso la guarigione, se stimolata a farlo.
Permettendo al bambino di stare in un luogo sicuro, protetto da una relazione terapeutica che ne rispetta i tempi, sarà capace di superare il trauma, prendendo da questo la giusta distanza.
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